Il recesso nelle locazioni abitative. L’obbligo della forma scritta.
NO AL “RECESSO A VOCE”.
Il recesso verbale del conduttore è affetto da nullità.
Come sappiamo, il conduttore, ricorrendo gravi motivi, ha facoltà di recedere dal contratto, dando un preavviso (almeno) semestrale al locatore.
La fattispecie è regolata dal comma 6 dell’art 3 della Legge 431/1998 che così, testualmente, recita: “il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, dando comunicazione al locatore con preavviso di sei mesi”.
S’è sovente registrato – sappiamo – un utilizzo improprio dell’istituto giuridico del recesso; inteso, da parte di molti conduttori, come una sorta di salvacondotto dagli obblighi assunti; esercitabile ad libitum e, così, liberamente, a prescindere dalla ricorrenza concreta delle particolari e gravi condizioni richieste dalla legge.
Per tale ragione, la casistica giurisprudenziale si è assai spesso pronunciata sulle condizioni che concretano, materialmente ed in fatto, i “gravi motivi” di recesso. Precisando che – esclusi gli altri – tali sono quei motivi, imprevedibili al momento della conclusione e sopravvenuti ad essa, che rendono oltremodo onerosa, per il conduttore, la prosecuzione del rapporto locativo.
Quindi se – ad esempio – sono stati rinvenuti gravi motivi di recesso nell’improvviso trasferimento del conduttore ad altra sede di lavoro, nel suo licenziamento, nella sua sopravvenuta disabilità, è stato – per contro – escluso che, quali ragioni di recesso, il conduttore possa genericamente invocare la crisi e la congiuntura economica.
Con la sua pregevole Ordinanza 27/9/2017 n. 22647 (scarica da qui il testo del provvedimento) la Suprema Corte di Cassazione, si è espressa sul diverso tema delle FORME di comunicazione del recesso; ed in ispecie sulla validità della forma meramente verbale; che, assai di sovente, viene adottata dal conduttore per comunicare il recesso.
Ebbene, il Supremo Giudice di Cassazione, sciogliendo il nodo, ha enunciato il seguente principio di diritto:
“il contratto di locazione ad uso abitativo, soggetto all’obbligo di forma scritta (clicca qui per accedere a contenuti pertinenti del nostro Magazine)ai sensi dell’art. 1, comma 4, della I. n. 431 del 1998, deve essere risolto con comunicazione scritta, non potendo, in questo caso, trovare applicazione il principio di libertà delle forme, che vale solamente per i contratti in forma scritta per volontà delle parti e non per quelli per i quali la forma scritta sia prescritta dalla legge ad substantiam“.
Donde, il recesso deve, a pena di nullità, essere comunicato per iscritto.
Ripercorriamo, in sintesi, i percorsi motivazionali della Cassazione.
Dall’entrata in vigore della Legge 431/1998 (art. 1, comma IV) il contratto di locazione ad uso abitativo deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullità.
Si tratta di nullità assoluta, deducibile senza limiti di tempo, rilevabile dalle parti e d’ufficio. La ratio normativa che ha portato all’introduzione dell’obbligo di forma scritta (art. 1 L. 431/1998), era infatti finalizzata al contrasto delle locazioni “in nero”, quindi volta ad una tutela di genere pubblicistico (in quanto finalizzata a prevenire l’evasione fiscale che potrebbe agevolmente generarsi con la conclusione di contratti verbali e non regolarizzati fiscalmente).
E’ vero che, secondo il principio di generale libertà delle forme, la giurisprudenza ammette la possibilità che un contratto possa risolversi per tacita manifestazione di volontà; ma resta ferma, tuttavia, l’esclusione per i negozi giuridici che, come la locazione, richiedono la forma scritta ad substantiam.
Il recesso: “è un atto negoziale unilaterale e recettizio che richiede la stessa forma prescritta per il contratto revocato”.
E, nelle locazioni abitative, deve essere espresso in forma scritta, a pena di nullità.
Queste, dunque, le conclusioni della Suprema Corte di Cassazione.
Sotto il profilo pratico è evidente che, stante l’inefficacia del recesso espresso “a voce”, permarranno immutati fra i contraenti i rispettivi obblighi. Donde, in capo al conduttore, l’obbligo di pagare il canone anche oltre alla data di recesso comunicata verbalmente. Per i canoni imparati egli, tecnicamente, dovrà essere considerato in mora, con ogni conseguente implicazione anche di genere processuale.
Nella prassi, il recesso, ricorrendone le condizioni (e la gravità dei motivi che l’avrebbero determinato), viene validamente comunicato tramite raccomandata con avviso di ricevimento.
In difetto di valido preavviso il locatario sarà esposto al risarcimento del danno concretamente subito dal locatore per l’anticipata restituzione dell’immobile.
Non perdere tempo e denaro.
AffidaTi sempre a professionisti esperti in materia locativa e nelle procedure di sfratto!
Clicca qui, ed ottieni, in sole 24 ore, un preventivo gratuito e senza alcun impegno per la Tua pratica di sfratto.
Solosfratti.it, la chiave per liberare il Tuo immobile!
© Riproduzione riservata